“Gli psicologi mi vedono soltanto grassa, i dietologi solo fuori di testa”, così una paziente sintetizzò le difficoltà di molti clinici nel trattare il disturbo da alimentazione incontrollata.
Nella società attuale, in cui tanto si sente parlare di anoressia e bulimia da giornali e televisioni, ancora poco si sa del disturbo da alimentazione incontrollata: alcuni ricercatori la ritengono una patologia a sé stante, altri una variante della bulimia nervosa, altri ancora uno stile alimentare che predispone all’obesità.
Le persone che manifestano questo disturbo assumono, in un tempo limitato, quantità di cibo esagerate, con la sensazione di perdere il controllo sulla quantità di cibo ingerito:”Non riesco a fermarmi, non so cosa mi succeda in quei momenti, non mi accorgo nemmeno di mangiare, solo dopo vedo quanto cibo manca dal frigo!”.
Atri segni caratteristici di questo disturbo sono l’assunzione frettolosa del cibo (preferendo alimenti che non richiedono una lunga preparazione) e l’abitudine a consumare il pasto in concomitanza con altre attività (come guardare la TV o fare i compiti). Questo impulso incontrollabile delle abbuffate può ripersi più volte nell’arco di una settimana ed è sempre accompagnato da una spiacevole sensazione di pienezza gastrica e da un forte senso di disagio, di vergogna e di colpa.
Contrariamente a quanto avviene nella bulimia nervosa, agli episodi di iperalimentazione non fanno seguito contromisure di compenso (comportamenti di eliminazione o purgativi, vomito autoindotto in primis) volte a ridurne le conseguenze. Le persone affette da BED paiono essere più focalizzate sugli effetti immediati delle loro azioni e sul benessere che ne deriva – riduzione dell’ansia e consolazione – che sulle conseguenze a lungo termine – aumento di peso corporeo e obesità -.
La persona affetta da BED è perciò spesso obesa o in sovrappeso e questo apparente “benessere” fisico, sommato ai sintomi piuttosto sfumati di questa patologia, fa sì che una persona affetta da BED molto spesso sfugga alla corretta diagnosi.
All’interno delle stesse famiglie di coloro che manifestano questi disturbi, il problema viene spesso sottovalutato o addirittura in un primo momento ignorato: a volte ciò accade per mancanza d’informazione sulle patologie dei Disturbi del Comportamento Alimentare; a volte invece le persone coinvolte nascondono volontariamente il loro disagio perché sono spaventate e si sentono colpevoli del loro comportamento alterato nei confronti del cibo. Tale silenzio più o meno volontario, contribuisce a fare sì che la persona affetta da DCA spesso non chieda aiuto, o lo faccia molto tempo dopo l’insorgenza della malattia.
Dal punto di vista medico, l’obesità è correlata a molteplici patologie che possono interessare il sistema circolatorio (ipertensione, aritmie e scompensi cardiaci, patologie vascolari cerebrali), il sistema respiratorio con la comparsa della sindrome da apnee notturne e il sistema osteo-articolare (sviluppo di artropatie e osteoartrosi). Inoltre le persone obese hanno una maggiore tendenza a sviluppare HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/Diabete_mellito_di_tipo_2” \o “Diabete mellito di tipo 2” diabete mellito di tipo 2, iperlipidemie, HYPERLINK “http://it.wikipedia.org/wiki/Calcolosi_biliare” \o “Calcolosi biliare” calcolosi biliare, patologie dermatologiche e disturbi emotivi come depressione e alessitimia.
Lo studio e la cura dei soggetti con disturbo da alimentazione incontrollata dovrebbe perciò prediligere l’integrazione tra competenze nutrizionali e psicologiche: da una parte il dietologo o il nutrizionista che avrà il compito sia di gestire il peso corporeo del soggetto sia di educarlo a comportamenti alimentare corretti, dall’altra lo psicologo che si occuperà di affrontare i pensieri disfunzionali e la difficoltà a gestire le emozioni.
Le emozioni che vengono mal tollerate dai soggetti BED sono molteplici: ansia, tristezza, disperazione, noia, rabbia. Queste emozioni possono essere provocate dagli eventi più disparati; tra loro giocano un ruolo preponderante le difficoltà relazionali e di coppia.
Non infrequentemente le abbuffate sono la risposta al disagio provocato dal sentirsi soli o abbandonati, dal pensare di non avere valore per gli altri a causa del proprio senso di inadeguatezza e di scarsa autostima.
Per alcuni soggetti BED il cibo è effettivamente un equivalente affettivo, un abbracciarsi da solo, un coccolarsi, un modo per riempire quell’incolmabile vuoto di affetto. Per altri invece rappresenta un’autopunizione per non essere riusciti a raggiungere gli obiettivi desiderati: “Non ce la faccio a rispettare la dieta, tanto vale continuare a mangiare”.
Purtroppo nei soggetti affetti da BED le convinzioni di non valere sono fortissime, sostenute da reali dati percettivi - la bilancia e lo specchio - e confermate da numerose fonti. I messaggi che le persone obese ricevono dai mass media e dai familiari non obesi sembrerebbero affermare che dimagrire è facile e che per non riacquistare il peso perduto basta un piccolo sforzo di volontà.
Un peso corporeo al di sopra della norma culturalmente stabilita è considerato segno di ingordigia, pigrizia e scarsa disciplina da parte della persona obesa. La fame patita in mille diete, gli sforzi per restare magri e la tenacia nel riacquistare la forma fisica perduta anche per minimi eccessi calorici, invece, dimostrano esattamente il contrario.
Le aspettative irrealistiche sulla possibilità di perdere velocemente un gran numero di chili portano i soggetti affetti da questa patologia ad iniziare e subito interrompere, numerose diete per perdere peso. La successiva delusione per la mancata perdita di peso rinforza però l’idea che sia tutto inutile e induce una ipervalutazione della fatica necessaria per ottenere i risultati prefissati.
La terapia dietetica diventa efficace se si individuano correttamente le cause emotive delle abbuffate: solo in questo caso si può pensare ad un percorso di riabilitazione nutrizionale del soggetto. La terapia dietetica si baserà sulla prescrizione di una dieta bilanciata ad apporto lipidico ridotto (20-30% delle calorie totali), ricca di carboidrati (50-60% delle calorie totali) in particolar modo quelli complessi come pane, pasta, riso e cereali e moderata nell’apporto di proteine (0,8-1gr/Kg peso desiderabile). L’educazione alimentare è fondamentale per dare informazione sulla patogenesi dell’obesità che accompagna i BED, sul ruolo della dieta e della restrizione alimentare. Lo scopo è quello di riordinare un comportamento alimentare caotico e di mettere in discussione idee preconcette relative a cibi “buoni” con cui abbuffarsi e cibi “cattivi” da evitare, così come il recupero della sensibilità psicologica e biologica di fame e sazietà.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale prevede l’utilizzo di una serie di tecniche e strumenti specifici che facciano innanzitutto comprendere al soggetto che il cibo è una modalità che egli utilizza per affrontare i problemi, modificabile con impegno e costanza, e non una caratteristica della sua personalità.
L’obiettivo è di permettere al soggetto di riconoscere che quando si abbuffa, seppure l’episodio possa avvenire in contesti o situazioni diverse, lo fa perché mantiene sempre le medesime convinzioni su di sé, gli altri e le sue relazioni con loro: non valgo, non sono degno, sono sbagliato; gli altri sono migliori di me, sono perfetti, non sbagliano, mi giudicano, mi rifiutano perché non sono perfetto, perché sono grasso. Una volta che il soggetto avrà imparato ad attribuire un significato più generale al suo disagio, lo si abituerà a confrontare tale riformulazione con gli eventi contingenti, per monitorarne la coerenza ed esplorare alternative cognitive e comportamentali più funzionali.